Quale rapporto sussiste tra l’universo delle arti figurative e quello dell’esperienza giuridica come “mondi” attraverso i quali la nostra cultura costruisce le forme concrete dello spazio reale? Questo il tema lungo il quale si muove l’indagine condotta nel libro. “Mondi”, dunque, visu...
Quale rapporto sussiste tra l’universo delle arti figurative e quello dell’esperienza giuridica come “mondi” attraverso i quali la nostra cultura costruisce le forme concrete dello spazio reale? Questo il tema lungo il quale si muove l’indagine condotta nel libro. “Mondi”, dunque, visualizzati e studiati nella trama delle loro connessioni concettuali reciproche. Con lo sguardo dell’arte comprendiamo che il diritto non è soltanto un mero strumento con cui, nel bene o nel male, restituiamo un ordine razionale alla nostra difficile convivenza sociale, ma anche un processo per mezzo del quale diamo una “figurazione” al reale. Al contempo, attraverso la riflessione giuridica si scopre che l’arte non è soltanto un modo per “vestire” e riflettere il mondo abitandolo nelle sue forme estetiche, ma anche un’esperienza essenziale mediante la quale costruiamo e “codifichiamo” continuamente lo spazio (lo spazio entro il quale quel mondo acquista il suo volto reale). Scopriamo dunque che l’arte, in quanto «pensiero visuale», non è soltanto un processo immaginativo e creativo fine a se stesso, ma è anche, e a suo modo, una proceduralità normativa (e performativa) che, in qualche maniera, riguarda l’organizzazione giuridica e politica della società. Un quadro e una legge, su questo piano, seguono processi simili ubbidendo all’appello della composizione che poggia immancabilmente sulla necessità di costruzione. E tale necessità, se ben la intendiamo, risponde a esigenze formali, o meglio, spaziali. Proprio per questo, già dall’introduzione, lo svolgimento del testo più che un criterio cronologico, segue un criterio topologico: procede per “luoghi”, per topologie, oltre ogni pretesa di una filosofia della storia del diritto e dell’arte.