Scrivere del proprio maestro, specie in quel particolare momento della sua vita accademica in cui transita – come l’asettico gergo burocratico recita – “fuori ruolo”, è molto insidioso perché si ha la sensazione che si stia chiudendo una lunga parentesi di vita e professione, che termini...
Scrivere del proprio maestro, specie in quel particolare momento della sua vita accademica in cui transita – come l’asettico gergo burocratico recita – “fuori ruolo”, è molto insidioso perché si ha la sensazione che si stia chiudendo una lunga parentesi di vita e professione, che termini un “cammino” – per usare la vivida metafora di Gastone Cottino –, ed è forte il desiderio di cogliere l’occasione per voltarsi indietro e tracciare quasi un bilancio di tanti anni di intensa e fruttuosa collaborazione scientifica e, prima ancora, di frequentazione personale.
In realtà, credo sinceramente che ben poco potrei aggiungere ad un volume che coralmente – negli oltre centocinquanta scritti di insigni maestri, autorevoli studiose e studiosi italiani e stranieri, giovani e giovanissime leve (non solo) della Scuola torinese, nel ritratto magistrale pennellato da Gastone Cottino, nelle affettuose allocuzioni di saluto delle colleghe e colleghi del “suo” Dipartimento di Giurisprudenza – esprime nei confronti di Paolo i più vivi e sinceri sensi di affetto, di stima e non ultimo di riconoscenza per l’insostituibile contributo e gli insegnamenti che ha offerto al diritto commerciale.
Anzi, rischierei facilmente di scadere in un esercizio di pubblica celebrazione gratulatoria, non voluta dall’allievo, imbarazzante per il maestro.
Mi piace invece portare una testimonianza, specie per i più giovani che possano aspirare ad intraprendere un percorso accademico, di cosa per me abbia significato il privilegio di essere accolto, io neolaureato, come allievo nella Scuola torinese sotto l’ala protettiva di Paolo, e avere, con il passare degli anni, insieme ad altri giovani colleghe e colleghi, raccolto gradualmente il gravoso testimone da chi ci ha preceduto facendoci noi – e, almeno nel mio caso, con consapevole senso di inadeguatezza – carico di proseguire questo cammino.