L’art. 47 della Carta costituzionale contiene in sé un nucleo idoneo a resistere al processo economico, finanziario ed istituzionale in atto?
È il quesito che si pone Mariangela Atripaldi all’esito dei suoi studi dedicati al tema del “risparmio popolare” e che, ...
L’art. 47 della Carta costituzionale contiene in sé un nucleo idoneo a resistere al processo economico, finanziario ed istituzionale in atto?
È il quesito che si pone Mariangela Atripaldi all’esito dei suoi studi dedicati al tema del “risparmio popolare” e che, con la sua partecipazione, viene qui raccolto da studiosi di discipline economiche, aziendali e giuridiche. I recenti accadimenti che hanno interessato, direttamente e indirettamente, il risparmio popolare, dall’esperienza delle crisi bancarie all’introduzione nell’ordinamento nazionale della regola del ‘bail-in’, segnalano che il risparmio configurato dalla disposizione costituzionale vive di una propria “dualità istituzionale” oscillante tra le due esigenze, egualmente rilevanti, della giustizia distributiva e di quella contrattuale.
Esigenze che, come Alberto Bertolino osservava a pochi anni dall’approvazione della Costituzione, erano suggerite non soltanto dall’esperienza, già allora ben presente, «di svalutazioni monetarie, di giuochi borsistici e di deficienze del sistema bancario» che avevano ridotto e, talvolta, polverizzato i risparmi, ma anche dalla consapevolezza dell’indefettibile ruolo che il risparmio viene ad assumere nella realizzazione di una compiuta democrazia politica che, per definirsi tale, non può che essere inevitabilmente anche economica e sociale.