Il sistema di repressione amministrativa dell’illecito urbanistico-edilizio, pur caratterizzato dalla presenza di vari e diversificati mezzi di reazione (misure ripristinatorie, sanzioni alternative, pene pecuniarie), evidenzia, ormai da tempo, un diffuso vuoto di effettività, al punto da rendere...
Il sistema di repressione amministrativa dell’illecito urbanistico-edilizio, pur caratterizzato dalla presenza di vari e diversificati mezzi di reazione (misure ripristinatorie, sanzioni alternative, pene pecuniarie), evidenzia, ormai da tempo, un diffuso vuoto di effettività, al punto da rendere spesso indispensabile l’intervento, in via di supplenza, del giudice penale, in una sorta di sempre più invasiva vicarianza penale. All’obbligatorietà e vincolatezza che, in una dominante logica punitiva, connotano il potere sanzionatorio della pubblica amministrazione, fino alla svalutazione delle garanzie partecipative e motivazionali, non corrisponde, pertanto, la reale effettività dei rimedi. Prende, così, corpo l’ipotesi di studio secondo cui, alla base dell’ineffettività dell’ordinamento urbanistico-edilizio, non vi sarebbe l’eccessiva discrezionalità attribuita agli enti comunali, quanto, piuttosto, un potere non esercitato, per inerzia, o non esercitato a pieno, sfruttando gli strumenti alternativi rispetto alla prioritaria misura ripristinatoria dell’ordine violato: rimedi e tecniche di tutela maggiormente raffinate, rispetto alla più radicale demolizione, proiettate verso i luoghi, le specifiche emergenze territoriali e le loro variabili esigenze.