La vita associata presuppone delle regole che disciplinino il comportamento dei singoli e, così, stabiliscano che cosa è permesso fare e che cosa è vietato, quale sia l’ambito di libertà di ciascuno e quali i comportamenti che i consociati debbono obbligatoriamente tenere. In mancanza di regol...
La vita associata presuppone delle regole che disciplinino il comportamento dei singoli e, così, stabiliscano che cosa è permesso fare e che cosa è vietato, quale sia l’ambito di libertà di ciascuno e quali i comportamenti che i consociati debbono obbligatoriamente tenere. In mancanza di regole di tal genere viene meno la stessa possibilità di instaurare rapporti fra gli uomini, anche di semplice contatto, e tanto più, dunque, la possibilità di creare una qualsiasi organizzazione sociale.
La vita associata, d’altra parte, si presenta come esigenza e dimensione irrinunciabile per l’individuo, che già alla nascita sperimenta la realtà del bisogno e, così, la necessità di un rapporto con altri – e in primo luogo con i genitori – senza il quale l’individuo stesso non sopravvivrebbe. Del resto pur l’individuo adulto che, in ipotesi, fosse in grado di provvedere autonomamente ai propri bisogni, constata che una più completa soddisfazione di essi si realizza tramite la collaborazione con altri esseri umani, sì che l’uomo si trova, anche per questo, naturalmente inclinato alla vita associata. Carattere coessenziale all’uomo è perciò la sua relazionalità, l’essere in (necessario) rapporto con altri esseri umani, sì che l’esigenza di una regolamentazione di tali rapporti è connaturale all’uomo, costituendo necessaria premessa di qualsiasi piano o progetto che voglia ‘rimediare’ a quella finitezza.
Si pone, pertanto, l’esigenza di regole di organizzazione della società e di regole di condotta nei rapporti fra gli uomini: è questo, in termini molto semplificati, il fenomeno del «diritto», che si presenta dunque come l’insieme delle regole di condotta e di organizzazione di una collettività umana. È del resto osservazione corrente quella relativa al nesso strettissimo e necessario tra società e diritto, nel senso che non si dà società, per quanto rudimentale o primitiva, senza regole sulla sua organizzazione e sui rapporti reciproci fra i suoi membri (ubi societas, ibi ius), e, per converso, una regolamentazione dei rapporti tra gli esseri umani, per quanto elementare, dà luogo a una forma sia pur minima di società (ubi ius, ibi societas).
Con riferimento alle società odierne, è agevole constatare la presenza di numerosissime regole: esse predeterminano la condotta umana e rendono perciò possibile una ordinata convivenza basata (anche) sulla previsione o attesa di determinati comportamenti altrui con cui coordinare la propria attività.