L’ordinamento italiano prevede oramai «una fitta rete normativa» [NAPOLEONI, 2189] volta a tutelare interessi privati e pubblici nell’intermediazione della ricchezza in ambito bancario e finanziario. Centrali in questo settore normativo sono senza dubbio il Testo unico delle leggi in materia b...
L’ordinamento italiano prevede oramai «una fitta rete normativa» [NAPOLEONI, 2189] volta a tutelare interessi privati e pubblici nell’intermediazione della ricchezza in ambito bancario e finanziario. Centrali in questo settore normativo sono senza dubbio il Testo unico delle leggi in materia bancaria, di cui al d.lgs. 1.9.1993, n. 385 (d’ora innanzi TUB) e il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al d.lgs. 24.2.1998, n. 58 (d’ora innanzi TUF). Eppure, occorre non trascurare altri atti normativi volti a disciplinare segmenti più specifici, ma non meno importanti, del mercato quali il d.lgs. 7.9.2005, n. 209 (Codice delle assicurazioni private) e il d.lgs. 5.12.2005, n. 252 (Disciplina delle forme pensionistiche complementari).
Pur in epoca di “revival” nel nostro ordinamento e nella riflessione penalistica dell’aspirazione della riserva di codice, attraverso la sua consacrazione nel¬l’art. 3-bis c.p. ad opera del d.lgs. 1.3.2018, n. 21 [cfr., ex multis, GALLO; PALIERO], paiono definitivamente sopiti, se non apertamente contrastati [(d) LOSAPPIO, 9 ss.], gli auspici nella dottrina di traslazione nel codice penale, anche attraverso una maggiore generalizzazione e astrattezza nel drafting delle fattispecie incriminatrici, della disciplina in questo ambito [cfr. BRICOLA, 3581; MEYER, 98; per la corrispondente norma ipotizzata nell’ambito del progetto Pagliaro di codice penale, cfr. (a) PATALANO, 276]. In effetti, la situazione normativa attuale pare conformarsi, con rare eccezioni, alla declinazione del principio della riserva di codice – ora accolta nella norma appena richiamata e patrocinata da un’ampia parte della dottrina – secondo la quale sarebbe sufficiente, in alternativa alla previsione nel codice penale, anche la riconduzione delle fattispecie incriminatrici a «leggi che disciplinano in modo organico la materia». A tale considerazione, deve aggiungersi che un’eventuale traslazione potrebbe dirsi ragionevole solo nella misura in cui si accompagnasse ad una radicale trasfigurazione della tecnica normativa adoperata, volta ad affrancare i precetti penali dalla disciplina amministrativa di settore. È di tutta evidenza, infatti, che la collocazione topografica nell’ambito del medesimo plesso normativo meglio si sposi con la tecnica – sinora assolutamente preminente in questa materia – della Verwaltungsakzessorietät, ovvero dell’intervento penale come meramente sanzionatorio delle violazioni della disciplina amministrativa di vigilanza su questi settori.